Il governo britannico ha annunciato importanti novità che interesseranno, nei prossimi mesi, tutte le aziende che assumono personale straniero nel Regno Unito. Due, in particolare, le misure da tenere d’occhio dagli imprenditori italiani: il nuovo livello minimo di conoscenza della lingua inglese richiesto in capo ai lavoratori per ottenere un visto di lavoro e, con l’aumento della Immigration Skills Charge, la tassa che ogni datore di lavoro deve pagare per ogni lavoratore sponsorizzato.
Per le imprese italiane che operano oltremanica o che hanno filiali nel Regno Unito, si tratta di cambiamenti significativi, destinati a incidere sia sui tempi di assunzione sia sui costi complessivi del personale.
Un livello d’inglese più alto: da gennaio 2026 serve il B2
A partire dall’8 gennaio 2026, chi vorrà lavorare nel Regno Unito con uno dei principali visti per professionisti stranieri quali lo Skilled Worker - ma anche High Potential Individual o Scale-up Worker — dovrà dimostrare una padronanza dell’inglese equivalente a un livello A-Level, cioè B2 secondo il Quadro Comune Europeo di Riferimento (CEFR).
In pratica, non basterà più “farsi capire”: i candidati dovranno saper leggere, scrivere, parlare e comprendere l’inglese a un livello avanzato, in grado di sostenere conversazioni complesse e di lavorare in autonomia in ambienti professionali anglofoni.
La prova di conoscenza linguistica dovrà essere sostenuta attraverso un Secure English Language Test (SELT) approvato e verificato direttamente dal Home Office.
Secondo quanto indicato nel White Paper governativo e confermato dal recente Statement of Changes, il nuovo requisito risponde all’obiettivo di “aumentare la produttività e l’integrazione linguistica” dei lavoratori stranieri nel mercato britannico. Tuttavia, per molte imprese, soprattutto nei settori dove la conoscenza tecnica è più importante della lingua (come ristorazione, edilizia o manifattura), la misura potrebbe rendere più difficile il reclutamento di personale qualificato proveniente dall’Unione Europea.
Il governo ha inoltre lasciato intendere che il requisito del B2 potrebbe in futuro essere esteso ad altri percorsi di visto, segno di un trend generale verso una maggiore selettività linguistica.
Coloro che hanno già ottenuto un permesso per il quale era richiesto loro di dimostrare un livello B1, continueranno a essere soggetti al requisito del livello B1 se richiedono un'estensione sullo stesso percorso.
Immigration Skills Charge: la tassa per i datori di lavoro aumenta
Oltre al livello di inglese per i lavoratori sponsorizzabili, con una nota separata, in quanto richiede un diverso iter legislativo, si è confermato che da metà dicembre cambieranno anche i costi di sponsorizzazione per i datori di lavoro. È infatti previsto un incremento del 32% della Immigration Skills Charge (ISC), la tassa che le aziende britanniche devono versare per ogni lavoratore straniero sponsorizzato sotto il regime del Skilled Worker Visa.
Attualmente, l’importo è di £1.000 all’anno per ciascun lavoratore (ridotto a £364 per le piccole imprese e gli enti no-profit). Le nuove tariffe — che dovrebbero entrare in vigore a dicembre 2025 — porteranno l’importo a circa £1.320 all’anno per ogni dipendente sponsorizzato, con aumenti proporzionali anche per le categorie ridotte (£480). La press release governativa che accompagna la riforma, indica come imminente l’inizio dell’iter parlamentare.
Da notare che molti datori di lavoro pagano già anche la domanda di visto e/o l’Immigration Health Surcharge per i dipendenti che reclutano dall'estero, oltre a una fee annuale per mantenere la licenza di sponsor e, molto spesso, ingenti spese legali e di conformità per gestire l'intero processo.
L’obiettivo dichiarato è quello di finanziare programmi di formazione e di sviluppo delle competenze per i lavoratori britannici. Tuttavia, per molte aziende, soprattutto piccole e medie imprese italiane operanti nel Regno Unito, questo rappresenta un ulteriore onere economico in un momento già segnato da margini ridotti e da un generale aumento dei costi operativi.
Cosa devono fare ora le imprese italiane nel Regno Unito
Per le aziende che pianificano nuove assunzioni dall’Italia o da altri Paesi UE, è consigliabile:
Conclusione
Il nuovo requisito linguistico e l’aumento della Immigration Skills Charge rappresentano due tasselli di una strategia più ampia del governo britannico volta a rendere il sistema migratorio “più selettivo e sostenibile”. Il White Paper che a maggio aveva anticipato le modifiche contiene anche altre novità che, se confermate, renderanno sempre più stringente la possibilità di ricorrere a lavoratori stranieri (a meno che gli stessi non siano già stabiliti in UK).
Per le imprese italiane che fanno affidamento su lavoratori qualificati dall’estero, ciò significa una pianificazione più accurata e investimenti aggiuntivi nella selezione del personale e nella gestione delle pratiche d’immigrazione.
Come sempre, nel panorama post-Brexit, chi si prepara per tempo sarà avvantaggiato: adeguare ora le politiche di reclutamento e i processi di sponsorizzazione potrà evitare costosi ritardi e garantire la continuità operativa nel lungo periodo.
Articolo di Manuela Travaglini, Segretario generale Delta