La riorganizzazione della Farnesina, approdata oggi in Consiglio dei ministri, rappresenta un passaggio strategico per la politica estera ed economica italiana. L’obiettivo è adeguare il MAECI alle sfide attuali, dazi, crisi in Ucraina e Gaza, minacce ibride, e rafforzare l’internazionalizzazione delle imprese. Il progetto, in fase di sviluppo e con entrata in vigore dal 1° gennaio 2026, ridisegna la struttura del Ministero su due pilastri: uno politico-diplomatico e uno economico-commerciale, entrambi guidati da direttori generali. La rete estera sarà così maggiormente orientata alla promozione economica e al sostegno del Made in Italy.
Fulcro della riforma è la Direzione generale per la crescita e la promozione delle esportazioni, affidata a Mauro Battocchi. La struttura coordinerà in maniera integrata gli strumenti già operativi - ICE, SACE, SIMEST, Cassa Depositi e Prestiti (CDP) - e li affiancherà a leve culturali (gli 80 Istituti Italiani di Cultura), scientifiche (oltre 60 addetti scientifici), sportive e tecnologiche. L’obiettivo è costruire all’estero un’immagine organica del sistema Italia, capace di coniugare diplomazia ed economia.
All’interno della Direzione sarà istituita un’Unità export con una sala di monitoraggio sviluppata in collaborazione con Istat, per analizzare in tempo reale flussi e dati, misurare l’impatto dei dazi statunitensi, individuare i trend di domanda e attivare interventi rapidi a supporto delle imprese. La strategia punta anche sulla diversificazione dei mercati: dopo Messico, India e Brasile, è prevista a novembre una missione di sistema in Arabia Saudita, con l’obiettivo di ampliare gli sbocchi per le produzioni italiane.
È già operativa la task force dazi della Farnesina, con il compito di vigilare sulla corretta applicazione dell’intesa commerciale UE–USA. Sono stati segnalati, infatti, casi in cui alcune dogane statunitensi (in particolare quelle di New York e New Jersey) avrebbero applicato dazi più alti del previsto su prodotti come Parmigiano Reggiano e Grana Padano. La posizione del Ministero è netta: tutelare le filiere italiane e garantire certezza regolatoria alle imprese esportatrici.
La nuova Direzione avrà anche la regia del Piano d’azione per l’export, che punta a portare le esportazioni italiane a 700 miliardi di euro entro la fine della legislatura.
Tra le leve principali:
il coordinamento di strumenti finanziari e assicurativi (ICE, SACE, SIMEST, CDP);
il monitoraggio continuativo dei dati, grazie all’Unità export e alla collaborazione con Istat;
l’apertura a nuovi mercati per ampliare gli sbocchi commerciali delle imprese.
Il riordino, previsto a costo zero, aggiorna il regolamento organizzativo del MAECI (DPR 95/2010) tramite un provvedimento snello (un articolo e tre commi). Il pilastro politico accorperà gli affari politici e la sicurezza internazionale per velocizzare le decisioni sui focolai di crisi; quello economico concentrerà la governance su crescita ed export. È inoltre prevista la creazione di una Direzione generale per le questioni cibernetiche, informatica e innovazione tecnologica e l’aggiornamento di altre direzioni tematiche in linea con le priorità su energia e ambiente.
La riforma sarà attuata in modo progressivo: il nuovo assetto entrerà in vigore nel 2026, mentre gli strumenti operativi, dalla task force dazi all’Unità export, sono già in fase di predisposizione.