Torna alle news di Delta

Dossier TikTok: l’evoluzione della nuova geografia del potere digitale

tik tok

La saga politico-giuridica che coinvolge TikTok rappresenta uno dei casi più emblematici della nostra epoca: un intreccio complesso di diritto, tecnologia, geopolitica e mercato che racconta come il controllo dei dati e degli algoritmi sia diventato il terreno su cui si ridefinisce l’equilibrio globale tra Stati, imprese e cittadini.

ByteDance: un colosso privato con radici in Cina

La storia inizia nel 2017, quando ByteDance, società fondata a Pechino, acquisisce l’app musicale Musical.ly e lancia TikTok, piattaforma di video brevi che in pochi anni conquista oltre 170 milioni di utenti negli Stati Uniti, rompendo per la prima volta l’egemonia dei colossi digitali americani. Da lì prende forma una vicenda che va ben oltre i confini dell’innovazione tecnologica: è una battaglia per il controllo del mezzo, e dunque del potere che deriva dalla capacità di influenzare comportamenti, gusti e narrazioni collettive.

La struttura societaria di ByteDance è una vera architettura giuridica transnazionale. Formalmente incorporata alle Isole Cayman, la holding coordina un sistema di controllate che operano in diverse giurisdizioni: tra queste, TikTok Inc., registrata in California, che fornisce i servizi agli utenti americani. Ma il cuore tecnologico — dove si sviluppano codice, algoritmi e infrastrutture — resta in Cina. Ed è proprio questa asimmetria tra forma giuridica e sostanza operativa ad alimentare i timori di Washington, secondo cui la piattaforma potrebbe rappresentare un canale d’influenza e una minaccia alla sicurezza nazionale.

La legge TikTok USA: sicurezza nazionale contro libertà digitale

Già nel 2019, durante l’amministrazione Trump, gli Stati Uniti dichiarano l’emergenza nazionale in materia di tecnologie dell’informazione, inaugurando una stagione di misure restrittive, ordini di disinvestimento e tentativi di sanzione. Nel 2020 viene ordinata a ByteDance la cessione delle attività americane di TikTok; l’operazione, però, si arena in una serie di proroghe, ricorsi e trattative. L’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca non cambia la sostanza del problema: conciliare la tutela della sicurezza nazionale con la libertà economica e di espressione dei cittadini.

TikTok, per difendere la propria presenza negli Stati Uniti, propone un Security Agreement fondato sulla creazione di una società di diritto americano — TikTok U.S. Data Security Inc. — con governance e supervisione approvate dal governo statunitense. L’accordo prevedeva limiti alla trasmissione dei dati, revisione indipendente del codice sorgente e un “killswitch” che avrebbe consentito all’esecutivo americano di disattivare la piattaforma in caso di minacce concrete. Ma la Casa Bianca giudica insufficienti le garanzie offerte e, nell’aprile 2024, approva una legge che impone a ByteDance di vendere tutte le attività statunitensi entro gennaio 2025 o, in alternativa, affrontare il ban totale dell’app.

Il provvedimento viene impugnato dalla società e da alcuni creator, che invocano la violazione del Primo Emendamento sulla libertà di espressione. Tuttavia, le corti federali e, infine, la Corte Suprema confermano la legittimità della legge, sottolineando che non si tratta di censura sui contenuti, ma di controllo sull’infrastruttura tecnologica in mano a un soggetto estero potenzialmente influenzato da Pechino.

Il compromesso possibile: una joint venture tra Washington e Pechino

Da allora, la vicenda ha continuato a evolversi in un gioco di proroghe e negoziati. Trump, tornato alla Casa Bianca, ha concesso una serie di estensioni per evitare il blocco dell’app, mentre tra Washington e Pechino si è aperta la strada a un possibile compromesso: la costituzione di una joint venture in cui investitori statunitensi deterranno l’80% e ByteDance manterrà una quota di minoranza finanziaria. Resta però irrisolto il nodo centrale: chi controllerà davvero la tecnologia, l’algoritmo, il codice sorgente che rendono TikTok ciò che è?

La risposta a questa domanda non riguarda solo un’app di intrattenimento, ma il modello stesso di sovranità nel cyberspazio. In gioco non c’è semplicemente il destino di una piattaforma, ma la capacità delle democrazie occidentali di regolare le infrastrutture digitali senza rinunciare alla libertà economica e comunicativa che le ha rese forti. TikTok, in questo senso, è un laboratorio del futuro: un caso che mostra come le geografie giuridiche, economiche e politiche del mondo digitale stiano ridisegnando la mappa del potere globale — e, con essa, il significato stesso di sicurezza, impresa e cittadinanza.

Il nuovo numero di Delta View è curato dall’Avvocato Luca Picotti, esperto di diritto commerciale e societario, autore del libro “Linee Invisibili: Geografie del potere tra confini e mercati” (Egea).