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Dazi USA–UE: accordo fragile, imprese europee nel mirino

A ridosso dell’entrata in vigore dell’accordo tariffario tra Stati Uniti e Unione Europea, il presidente americano Donald Trump ha riacceso lo scontro commerciale, minacciando pubblicamente un aumento delle tariffe fino al 35% se l’Europa non rispetterà gli impegni sugli investimenti.

Le dichiarazioni, rilasciate il 5 agosto 2025 in un’intervista televisiva alla CNBC, mettono a rischio la fragile tregua costruita durante l’incontro bilaterale in Scozia di fine luglio.

Il cuore delle nuove tensioni riguarda i 600 miliardi di dollari di investimenti promessi dall’Europa nell’ambito dell’intesa commerciale. Secondo Trump, questa cifra, che comprende acquisti energetici, infrastrutturali e industriali, rappresenta un "pagamento" da parte dell’Unione Europea, che darebbe agli Stati Uniti piena libertà di utilizzo.

Tuttavia, fonti europee chiariscono che non si tratta di fondi pubblici, bensì di previsioni aggregate di investimento da parte di aziende e multinazionali private europee nei prossimi anni.

Bruxelles ha più volte ribadito che l’Unione non può assumersi impegni vincolanti su investimenti privati, evidenziando che il piano rappresenta una intenzione politica, non un trasferimento di risorse.

L'accordo: in vigore dal 7 agosto

L’intesa tra le due sponde dell’Atlantico prevede, a partire dal 7 agosto 2025, un’aliquota doganale uniforme del 15% per una selezione di beni europei esportati negli Stati Uniti.

In cambio, l’Europa ha promesso una riduzione dei propri dazi su prodotti statunitensi e un aumento significativo degli acquisti di energia americana, stimati in 750 miliardi di dollari entro la fine del mandato presidenziale di Trump.

Tuttavia, il presidente ha già avvertito che, in assenza di risultati concreti sul fronte degli investimenti, le tariffe potrebbero salire rapidamente fino al 35%, e che alcuni settori, in particolare farmaceutico e semiconduttori, saranno soggetti a regimi tariffari separati. Per i farmaci, Trump ha ipotizzato una progressione fino al 250% entro 12-18 mesi, con l’obiettivo dichiarato di rilocalizzare la produzione sul suolo americano.

Pressioni sui settori chiave, l’UE valuta le contromisure

Anche il comparto dei microchip e delle tecnologie avanzate è finito sotto osservazione, con l’Amministrazione USA intenzionata a incentivare la produzione interna attraverso tariffe selettive.

La Commissione Europea, intanto, definisce il tetto del 15% un compromesso utile per evitare l’escalation e si dice pronta a reagire nel caso in cui gli Stati Uniti dovessero oltrepassare unilateralmente quanto concordato.

Le contromisure europee restano per ora sospese per sei mesi, ma saranno riesaminate dai 27 Stati membri qualora la minaccia statunitense si concretizzasse.

Tregua in bilico: servono garanzie per l’economia reale

La nuova ondata di dichiarazioni presidenziali getta ombre pesanti sulla stabilità dell’intesa transatlantica. Per le imprese europee, e italiane in particolare, il clima si complica e l'accordo rischia di trasformarsi in una leva coercitiva sul piano geopolitico ed economico.

L’Unione Europea si trova di fronte a una scelta strategica: difendere la tenuta dell’accordo senza cedere a logiche unilaterali, oppure prepararsi a una risposta strutturata che metta in sicurezza l’autonomia produttiva, energetica e tecnologica del continente.

Le prossime settimane saranno cruciali per capire se l’accordo potrà sopravvivere alle sue ambiguità iniziali.

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