Con l’entrata in vigore, il 20 maggio 2025, della Legge per la promozione dell’economia privata, la Repubblica Popolare Cinese introduce un quadro normativo e fiscale inedito, orientato a sostenere sistematicamente lo sviluppo delle piccole e medie imprese. Questo intervento legislativo rappresenta un passaggio strategico per l’evoluzione del sistema economico cinese, segnando una transizione netta da un modello fortemente regolatorio a uno più orientato alla promozione attiva dell’iniziativa privata.
La portata sistemica della riforma è stata illustrata da Liu Min, Vice Direttore dell’Ufficio per lo Sviluppo dell’Economia Privata presso la NDRC (National Development and Reform Commission), che ha definito il provvedimento una vera e propria “rivoluzione silenziosa”. In effetti, la nuova legge riconosce il ruolo strategico del settore privato non solo in chiave occupazionale, ma anche quale motore strutturale per la crescita del valore aggiunto nazionale.
L’impostazione fiscale adottata rientra in un modello ibrido che valorizza le logiche di mercato, mantenendo però un solido presidio statale nell’orientare gli investimenti verso settori ritenuti strategici, quali tecnologia, energia verde e manifattura avanzata.
Fino ad oggi, le PMI hanno operato in Cina all’interno di un sistema fortemente centralizzato, con accesso limitato al credito, scarsa protezione normativa e un carico fiscale relativamente penalizzante, soprattutto in termini di imposte indirette. Le imprese statali (SOEs) hanno mantenuto una posizione dominante, accentuando l’asimmetria di trattamento. In tale contesto, il potenziale delle PMI – che pure rappresentano oltre il 60% del PIL e oltre l’80% dei posti di lavoro urbani – è rimasto largamente sotto-utilizzato.
Il cuore della riforma risiede in un pacchetto di misure fiscali selettive, pensate per stimolare l’investimento, l’innovazione e la resilienza delle PMI. Tra le principali:
Le imprese possono dedurre dal reddito imponibile il doppio dell’importo sostenuto in Ricerca e Sviluppo. Questo meccanismo – già sperimentato in alcune aree con deduzioni al 175% – viene esteso e potenziato su base nazionale, con l’obiettivo di incentivare la trasformazione tecnologica, soprattutto nei settori a elevato contenuto strategico (AI, biotech, energia rinnovabile).
Il nuovo regime consente la deduzione integrale immediata per beni strumentali fino a 5 milioni di yuan. Per investimenti superiori, sono previste formule di ammortamento accelerato, simili al sistema “bonus depreciation” di matrice statunitense. Lo scopo è favorire il rinnovo del capitale produttivo e la riduzione del ciclo di ritorno dell’investimento.
Le imprese con ricavi annui inferiori a 5 milioni di yuan saranno esentate dal versamento dell’IVA. Contestualmente, l’aliquota IVA per i “piccoli contribuenti” scende dal 3% all’1%. Si tratta di una misura che, oltre a semplificare gli adempimenti, aumenta la liquidità disponibile, con effetti diretti su assunzioni e reinvestimento degli utili.
La riforma si configura come una delle più rilevanti transizioni normative del decennio nel contesto cinese. Il suo impianto fiscale riflette una logica selettiva e incentivante, in linea con le politiche industriali nazionali e con la volontà di rafforzare la competitività delle imprese domestiche nel nuovo ordine multipolare.
Per gli operatori stranieri, consulenti fiscali e gruppi multinazionali presenti in Cina, sarà cruciale monitorare l’evoluzione della normativa applicativa, anche in termini di coordinamento tra politiche centrali e provinciali, nonché di eventuali condizioni settoriali e soggettive per l’accesso agli incentivi.
La nuova legge segna un punto di svolta: da fiscalità passiva a leva di politica economica attiva, con il settore privato al centro di un modello di sviluppo orientato alla qualità, all’innovazione e alla resilienza.