Secondo un rapporto della Islamic Corporation for the Development of the Private Sector, settore della Banca Islamica per lo Sviluppo, il mercato della finanza islamica potrebbe raggiungere un valore complessivo di 6mila miliardi di dollari entro il 2026, registrando una crescita significativa rispetto ai circa 4mila miliardi stimati nel 2021. Questo dato rappresenta non solo un’espansione quantitativa, ma testimonia anche il crescente interesse degli investitori internazionali verso questi strumenti finanziari.
La finanza islamica si fonda su principi di equità e condivisione del rischio, in netto contrasto con i modelli tradizionali basati sugli interessi (riba), espressamente vietati dalla Sharia. Strumenti come i sukuk, equivalenti islamici delle obbligazioni, e accordi di finanziamento come Modaraba, Morabaha e Ijara, rappresentano alternative solide e conformi ai dettami religiosi, attirando un numero crescente di investitori.
Nel 2024, l’Irish Stock Exchange è stato classificato da Fitch come il più grande mercato per i sukuk denominati in valute forti, confermando l’ampia diffusione di questi strumenti. Inoltre, il Dow Jones Islamic Market World Index conta oggi oltre 4.500 titoli conformi alla legge islamica, con una capitalizzazione di mercato che supera i 54mila miliardi di dollari.
L’analisi dei mercati rivela un aumento della presenza di titoli islamici anche al di fuori delle economie tradizionalmente legate alla finanza islamica. Gli Stati Uniti, con il 70% della capitalizzazione dell’indice, giocano un ruolo chiave, seguiti da Giappone, Cina, India e Regno Unito. Nel Golfo, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar mantengono una quota rilevante del mercato, mentre l’Europa, con la Francia e la Germania in prima linea, sta progressivamente adattandosi alla crescente domanda di prodotti finanziari Sharia-compliant.
In questo contesto, l’Italia potrebbe emergere come un hub strategico per la finanza islamica. Il viceministro delle Finanze, Maurizio Leo, ha sottolineato la possibilità per il Paese di diventare un interlocutore privilegiato per gli investitori islamici, grazie anche alla spinta di Euronext, il consorzio europeo che controlla Piazza Affari. Il commissario Consob Federico Cornelli ha evidenziato la volontà di agevolare le quotazioni di strumenti Sharia-compliant sul mercato italiano, replicando il modello di successo già sperimentato dalla borsa di Dublino.
La crescita della finanza islamica non è solo una tendenza momentanea, ma rappresenta una trasformazione strutturale dei mercati finanziari globali. Il valore stimato di 6mila miliardi di dollari entro il 2026 riflette l’interesse crescente per strumenti finanziari etici e sostenibili, compatibili con principi religiosi ma sempre più apprezzati anche da investitori laici. Con un ecosistema regolamentare in continua evoluzione e una domanda crescente per investimenti responsabili, la finanza islamica si prepara a consolidare il proprio ruolo nel sistema finanziario internazionale.