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Il Rapporto di lavoro nel Regno Unito

26 Feb 2024

Rapporto di lavoro nel Regno Unito. Di seguito viene proposta una panoramica degli elementi essenziali del contratto di lavoro che datore di lavoro e lavoratore devono considerare qualora intendano, rispettivamente, assumere personale o lavorare nel Regno Unito.

PRIMA DELL'ASSUNZIONE DI UN DIPENDENTE NEL REGNO UNITO

Prima di assumere un dipendente nel Regno Unito il datore di lavoro deve accertarsi che:
• Il candidato abbia diritto di vivere e lavorare nel Regno Unito (o lo possa acquisire tramite sponsorizzazione e/o uno dei tipi di visti disponibili). A tal fine il datore di lavoro è tenuto ad effettuare i c.d. right to work checks. La mancata verifica del diritto del candidato di vivere e lavorare nel Regno Unito espone il datore di lavoro a sanzioni civili e, qualora il datore di lavoro sia consapevole che il candidato non ha il necessario permesso di lavoro, penali; e
• Il candidato non sia vincolato da patti di non concorrenza o altre restrizioni post-contrattuali del precedente datore di lavoro. Il datore di lavoro può a tal fine richiedere al candidato copia del contratto di lavoro con l'attuale/il precedente datore (ovvero dell'estratto del contratto di lavoro relativo ai vincoli post-contrattuali).

ASSUNZIONE REGNO UNITO: PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI CONTRATTI DI LAVORO

Nel Regno Unito, i contratti di lavoro sono prevalentemente redatti dal datore di lavoro, il quale spesso utilizza contratti standard che vengono adattati secondo le esigenze dell’azienda e le caratteristiche dell’assunto.
Questa dinamica di redazione dei contratti di lavoro è sintomatica di un ordinamento in cui manca un codice civile o un codice del lavoro e di un mercato del lavoro più individualizzato rispetto al sistema italiano.
Inoltre, a differenza di altri sistemi giuridici europei dove la contrattazione collettiva è ampiamente diffusa e si articola su diversi livelli – di categoria, locale e aziendale – il sistema britannico presenta un mercato del lavoro altamente individualizzato con un basso tasso di adesione ai sindacati. Pertanto, il contratto di lavoro è quasi sempre lasciato alla libera contrattazione tra le parti, fatta eccezione per I settori manifatturiero, edilizio, metalmeccanico e dei trasporti in cui la presenza dei sindacati è più incisiva.
Di seguito, vengono presentati alcuni dei termini più importanti nei contratti di lavoro e sui quali è spesso consigliabile che in fase di negoziazione le parti ottengano un’adeguata consulenza legale. I termini essenziali del rapporto di lavoro devono essere comunicati per iscritto al lavoratore entro la data di inizio del rapporto.

1. PERIODO DI PROVA

Introdurre un periodo di prova all’interno di un contratto può essere molto vantaggioso per il datore di lavoro. Infatti, durante il periodo di prova il datore di lavoro può licenziare il dipendente in qualsiasi momento con un preavviso minimo (generalmente, una settimana), se il suo rendimento non è soddisfacente.
Il datore di lavoro può estendere il periodo di prova oltre il periodo originalmente concordato, ma questa facoltà deve essere contrattualmente prevista e il contratto altresì deve specificare la durata massima della possibile estensione.
Non esistono limiti di legge relativi alla durata massima del periodo di prova, ma generalmente questo non supera i 6 mesi.
Si fa infine presente che, nell’eventualità in cui non venga concordato un periodo di prova, questo deve essere specificatamente escluso dal contratto di assunzione.

2. RETRIBUZIONE

Il diritto alla retribuzione di un dipendente è regolato principalmente dai termini del contratto individuale di lavoro. Tuttavia, sono presenti numerose disposizioni di legge che influiscono sul calcolo della retribuzione. Tra queste:
a. Diritto alla retribuzione minima (National Minimum Wage Act 1998).
b. Diritto alle ferie pagate (Working Time Regulations 1998);
c. Diritto all’indennità di malattia (Social Security Contributions and Benefits Act 1992);
d. Diritto al congedo di maternità retribuito (Equality Act 2010 e ERA 1996);
e. Diritto al congedo di paternità retribuito (Statutory Paternity Pay and Statutory Adoption Pay (General) Regulations 2002 e ERA 1996);
f. Diritto al congedo parentale condiviso retribuito (Social Security Contributions and Benefits Act 1992 e Statutorty Shared Parental Pay (General) Regulations 2014);
g. Diritto al congedo di adozione retribuito (Social Security Contributions and Benefits Act 1992, Statutory Paternity Pay and Statutory Adoption Pay (General) Regulations 2002 e ERA 1996);
Inoltre, sebbene il datore di lavoro abbia il dovere di effettuare le revisioni salariali in buona fede, è consigliabile che il dipendente proponga di includere nel contratto un aumento salariale garantito che rispecchi il Retail Prices Index. Nel caso in cui il datore di lavoro non accettasse questo incremento, si può in alternativa proporre una clausola che preveda che ogni revisione salariale sia solamente in aumento o, quantomeno, in linea con l’aumento medio dei colleghi del dipendente.
Nell’eventualità in cui il datore di lavoro non rispetti i suoi obblighi riguardanti il versamento della retribuzione, è possibile avviare azioni legali per violazione del contratto e/o ai sensi della section 13 Employment Rights Act 1996 relativa alle detrazioni non autorizzate.

3. ORARIO DI LAVORO

Per quanto riguarda gli orari di lavoro, la normativa di riferimento sono le Working Time Regulations 1998. Le principali obbligazioni derivanti da queste disposizioni riguardano la media massima di ore settimanali che il datore di lavoro può imporre al dipendente di lavorare (media di 48 ore settimanali da calcolarsi in un periodo di 17 settimane), la durata massima della giornata lavorativa, i periodi di riposo e i riposi compensativi.
Il mancato adempimento a queste regole consiste in un reato perseguibile sia dalle autorità locali che dall’Health and Safety Executive (HSE).
Tuttavia, queste obbligazioni sono spesso soggette a provvedimenti individuali in cui un dipendente accetta che questi massimali non siano applicabili (c.d. opt-out). Il dipendente ha diritto di rifiutare l'opt-out senza subire conseguenze negative da parte datoriale e, se ha in precedenza accettato l'inapplicabilità del limite massimo dell'orario di lavoro settimanale, può in qualsiasi momento comunicare al datore di lavoro di aver modificato la propria posizione in merito, dando un preavviso di almeno 3 mesi.
Il limite massimo dell'orario di lavoro settimanale non si applica al personale dirigenziale.
L'applicazione pratica delle Working Time Regulations 1998 può risultare piuttosto complessa ed è pertanto consigliabile consultare un esperto in materia di diritto del lavoro inglese in caso di dubbio.

4. FERIE RETRIBUITE

Anche il diritto alle ferie è disciplinato dalle Working Time Regulations 1998. Nel Regno Unito il dipendente che lavora a tempo pieno ha diritto ad un minimo di 5.6 settimane (o 28 giorni) di ferie retribuite, che comprendono 8 giorni festivi (Il 1° gennaio, Venerdì Santo, Lunedì di Pasquetta, il primo lunedì di Maggio, l'ultimo lunedì di maggio, l'ultimo lunedì di Agosto, Natale e Santo Stefano). Il contratto di lavoro può ovviamente prevedere un trattamento più favorevole (ossia un numero di giorni di ferie superiore al minimo di legge) e spesso questo è il caso, soprattutto per dirigenti e manager.
Fino al 31 dicembre 2023 la regola generale stabiliva che le ferie dovessero essere godute entro l'anno di maturazione (salvo diverse previsioni nel contratto individuale di lavoro o nella policy aziendale). Altrimenti, il dipendente avrebbe perso il diritto al cumulo delle ferie. In pratica, non era previsto che le ferie maturate e non godute nel corso di un certo anno potessero essere poi godute nel corso dell'anno o nei 18 mesi successivi. A questa regola faceva eccezione esclusivamente la situazione in cui il lavoratore non avesse potuto godere delle ferie a causa di assenza dal lavoro per malattia o per congedo di maternità.
Dal 1° gennaio 2024 è entrato in vigore un nuovo regime. Oltre al caso di mancato godimento a causa di malattia o congedo, il cumulo delle ferie maturate nell'anno precedente è concesso anche qualora il datore di lavoro (i) non consenta al dipendente di utilizzare le ferie maturate entro l'anno; (ii) non dia ragionevole opportunità o ometta di incoraggiare attivamente il dipendente a fare uso delle ferie entro l'anno di maturazione; o (iii) non informi il lavoratore che le ferie non godute entro l'anno verranno perse.
L'indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute è versata solo al momento della cessazione del rapporto.
Normalmente il contratto di lavoro dispone quale preavviso il lavoratore debba dare al datore di lavoro nel richiedere un periodo di ferie. In mancanza di disposizioni contrattuali ovvero di policy aziendali in merito, la legge prevede che il preavviso minimo sia il doppio del periodo di ferie richiesto (ad esempio, se il lavoratore intende chiedere 2 giorni di ferie, dovrà dare al datore di lavoro un preavviso minimo di 4 giorni). Il datore di lavoro può a sua volta rifiutare la richiesta di ferie (dando un preavviso almeno pari al numero di giorni di ferie richiesti) o imporre al lavoratore di godere delle ferie in determinati giorni (anche in questo caso il preavviso deve essere pari al doppio dei giorni di ferie che il datore di lavoro intende imporre).

5. PENSIONE

Ogni dipendente deve essere automaticamente iscritto al fondo pensione (del datore di lavoro ovvero scelto dal lavoratore). I contributi pensionistici minimi sono dell'8% (ma le parti hanno facoltà di negoziare una percentuale più elevata), di cui 5% a carico del lavoratore e 3% a carico del datore di lavoro.
Entro un mese dall'iscrizione, il lavoratore ha il diritto di richiederne la cancellazione (c.d. opt-out), ma il datore di lavoro: (i) deve re-scriverlo ogni tre anni (quindi il lavoratore che intenda mantenere la cancellazione dal fondo pensione deve riconfermare la sua scelta ogni volta); e (ii) non deve in alcun modo (direttamente o indirettamente) incentivare l'opt-out del dipendente.

6. PERIODO DI PREAVVISO

Il periodo di preavviso minimo di legge varia a seconda di chi dà il preavviso di recesso e dell'anzianità di servizio del dipendente.
Il lavoratore è tenuto a dare un preavviso di recesso minimo di una settimana, purché sia stato impiegato per un mese o più (al di sotto del mese non vi è obbligo di preavviso).
Il datore di lavoro è tenuto a dare un preavviso minimo di:
1. una settimana ai dipendenti con un impiego continuativo di almeno un mese, ma inferiore a due anni (se l'impiego continuativo è inferiore al mese, non vi diritto al preavviso di recesso);
2. una settimana per ogni anno completato ai dipendenti con un impiego continuativo maggiore di due anni, ma inferiore a dodici anni, fino a raggiungere un massimo di 12 settimane.
3. dodici settimane ai dipendenti con un impiego continuativo maggiore di dodici anni.
In ogni caso, è fortemente raccomandabile per il dipendente negoziare periodi di preavviso più lunghi del minimo legale di una settimana (section 86(1)(a) ERA 1996), sia durante il periodo di prova sia una volta superato. In assenza di un accordo esplicito, la legge applicabile impone un periodo di preavviso “ragionevole”, che pur sempre non deve essere inferiore al minimo legale.
Se il preavviso dato dal datore di lavoro risulta più breve di quello previsto dalla legge, allora il datore di lavoro è in violazione degli obblighi contrattuali e l’azione del dipendente si basa sulla violazione del contratto, non sulla violazione degli obblighi imposti dalla legge.
Se il periodo di preavviso contrattualmente previso è più lungo del minimo di legge, il preavviso di cui al contratto prevale.

7. INDENNITÀ SOSTITUTIVA DEL PREAVVISO (PAYMENT IN LIEU OF NOTICE – PILON)

Nel sistema inglese non esiste una norma di legge che preveda la possibilità di risolvere il rapporto di lavoro con effetto immediato e pagare un'indennità in sostituzione del periodo di preavviso. Questa facoltà (solo datoriale) deve essere prevista nel contratto.
Una clausola di Payment In Lieu Of Notice (PILON) rappresenta un diritto contrattuale per il datore di lavoro di pagare una somma forfettaria al dipendente, il quale, in cambio, accetta di rinunciare al diritto al preavviso di licenziamento. Dal punto di vista del datore di lavoro, è vantaggioso inserire in un contratto una clausola PILON perché permette di terminare il contratto di lavoro con effetto immediato e di pagare al dipendente una somma calcolata sullo stipendio base (quindi senza inclusione di bonus o benefit).
Se non è presente una clausola PILON, il datore di lavoro che paga un PILON invece di permettere al dipendente di scontare il periodo di preavviso previsto sarà in violazione del contratto. Tale violazione può avere un effetto "domino" su altre clausole presenti nel contratto individuale di lavoro, come ad esempio i patti di non concorrenza post-contrattuale: quando il datore di lavoro viola il contratto, questi patti cessano di vincolare il lavoratore.
È sconsigliato inserire nel contratto individuale l'obbligo, per il lavoratore che non rispetta il periodo di preavviso, di versare al datore di lavoro una indennità sostitutiva del preavviso calcolata sullo stipendio del lavoratore, perché' questa viene considerata una penalità e in quanto tale non valida ai sensi del diritto inglese.

8. GARDEN LEAVE

Solitamente i contratti di lavoro inglesi presentano una clausola di Garden Leave. Questa prevede che, in caso di preavviso di licenziamento o di dimissioni, il datore di lavoro abbia la facoltà di esimere il dipendente dall'obbligo di fornire la prestazione lavorativa (in tutto o in parte) e di impedirgli contattare clienti o colleghi nel corso del periodo di preavviso, pur continuando a versargli la retribuzione (inclusi benefit).
Durante il periodo di Garden Leave il lavoratore rimane vincolato alle normali obbligazioni contrattuali e di legge (ad esempio obblighi di fedeltà e riservatezza), salvo appunto quella di esercitare la prestazione lavorativa.
La funzione di questa clausola è quella di costringere il lavoratore "in uscita" a rimanere fuori dal mercato per un certo periodo di tempo, nel corso del quale non potrà avere accesso a informazioni riservate del datore di lavoro (per proteggerne l'avviamento), ma senza dover imporre restrizioni post contrattuali.
Come per la clausola PILON, è necessario che la facoltà del datore di lavoro sia contrattualmente prevista (salvo casi eccezionali). Imporre il Garden Leave al dipendente senza che questo sia previsto dal contratto individuale di lavoro può costituire una violazione contrattuale, con le medesime conseguenze menzionate per il PILON.

9. PROCEDIMENTI DISCIPLINARI E GRIEVANCE

Se il datore di lavoro ha adottato una procedura disciplinare e una procedura di grievance (ossia per sollevare lamentele in ambito aziendale), è tenuto a precisarlo nel contratto e chiarire a chi, all'interno dell'organizzazione, debba essere presentato appello contro la decisione disciplinare o di grievance.
Laddove il datore di lavoro non abbia adottato le procedure di cui si discute, sarà comunque tenuto a rispettare i principi stabiliti dal Code of Practice on Disciplinary and Grievance Procedures dell'ACAS (l'organo consultivo, di arbitrato e conciliazione in materia di diritto del lavoro), pena l'applicazione di un incremento fino al 25% del risarcimento del danno che il lavoratore potrebbe ottenere dal Tribunale del Lavoro in caso, ad esempio, di licenziamento illegittimo.
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In assenza di un codice civile e di una contrattazione collettiva che disciplinino in modo esauriente il rapporto di lavoro, il contratto individuale diventa il documento cardine per la disciplina del rapporto stesso. Come tale, è fondamentale che esso sia attentamente negoziato e redatto. A tal fine, si consiglia di affidarsi a un esperto in materia.

Articolo Chiara Muston, Howard Kennedy, e Luca Cordelli, Pirola Pennuto Zei & Associati UK

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